Camera 513 – Solo occhi e parole.

Blog  |  19 novembre 2013

Della necessità di tradurre le immagini in pensieri e dei pensieri in parole. Sento? No. Non ne sarei capace. Dovessi parlare, emetterei rumori di corde vocali. Dovessi scrivere, disegnerei linee irregolari, punti isolati. Questa è la camera. E’ il luogo dei luoghi. Assoluto e globale. La contemporanea presenza di riferimenti geografici e identitari diversi tra di loro, annulla tutto, spingendo alla riflessione. Oggetto e soggetto della riflessione sei tu. I tuoi occhi che ancora mi fanno piangere. Occhi che ancora suggeriscono tutte le storie possibili. Occhi di dubbi. Dubbi sulla natura di un rapporto, dubbi sulla precarietà della relazione, dubbi sull’esistenza stessa di quegli occhi. Occhi sempre diversi. Occhi mai scontati. Occhi da scoprire. Occhi che cambiano colore in relazione all’esperienza del momento. Discrasie sentimentali. Entità indivise. Autonome. Ricettacoli del tempo e del senso. Ricordo e memoria. Realtà che tu stessa hai creato e che ora ti volti a negare. Stai tagliando quel filo che ci legava con il coltello del silenzio. E’ domenica di valigia. Sublime. Suprema. Seduttiva. Mi mancano i tuoi abbracci. Anzi no, mi manca il tuo abbraccio. Perché è stato solo uno. Forse. E dopo hai tagliato anche quello con un silenzio. Le poche cose che erano in valigia sono riposte nell’armadio. La finestra offre la vista di altre finestre, decine, centinaia di finestre tutte mute. Come volti mascherati senza bocche. Impossibilitati a parlare, essi comunicano con quegli occhi che sbarrati nel desiderio di svelare i segreti custoditi. Ma desideri e segreti non esistono da sé. Esistono solo in relazione ad un altro soggetto. E forse nemmeno tu sei esistita per intero. Un immagine di un volto, un foglio di parole. Solo occhi e parole.