Camera 296 – Storia di Lydia che mi ha evitato.

Blog  |  04 giugno 2015

296

Certe serate son fatte per scrivere pagine di storia, non per leggere. Stasera voglio proprio scrivere una storia recente e particolare. E parla di me attraverso una donna che ha incrociato la mia vita recentemente. Lei si chiama Lydia. Si, ha proprio una Y nel suo nome. Un piccolo vezzo per una donna nata e cresciuta in un sud dalle tradizioni e consuetudini avvolgenti come ragnatele. Un nome che ostenterà nella sua carriera lavorativa. Ci sono stati due momenti in cui le nostre vite si sono incrociate, per il resto sono linee che hanno viaggiato separatamente, negli stessi spazi, negli stessi luoghi, ignorandosi a vicenda. In un giorno di dicembre mi ha dato la vita, qualche mese dopo, me l’ha tolta. In mezzo, qualche parola scritta e qualche traccia di esistenza. Era avvolta da strati di indecisioni, su qualsiasi argomento. Eccetto uno: sbarazzarsi di me. Ora tu che leggi, potresti anche legittimamente pensare che io stia farneticando, colto dal delirio vittimistico. Ma ti chiedo uno sforzo, un atto di fiducia: non farmi portare prove qui, non farmi citare in questo luogo nomi di testimoni. Il carattere di Lydia era marcato dall’indipendenza e dal pensiero, con transfert speculare. In altre parole, lei basava ogni relazione sull’indipendenza, sul bisogno di stare relativamente separata da chiunque la amasse (salvo poi lamentarsene..), con la perenne paura di cadere in situazioni relazioni emotivamente molto forti da saperle gestire. La sua più importante relazione infatti, non è mai giunta ad un traguardo. Traguardo tanto desiderato, tanto evitato. Quando ne ha avuto opportunità, non ha fatto scelte passionali, le ha accuratamente evitate. L’attenzione desiderata e regalata, era distante e a distanza. Ogni piccolo gesto, ogni azione, lo compiva, lo viveva come se fosse perennemente sotto valutazione di una invisibile quanto presente giuria. Una giuria che vedesse e confermasse la sua esistenza come perfetta, sei la più bella, sei la più brava.

Una vita spesa apparentemente per autodeterminarsi, alla ricerca di una indipendenza che però per essere dimostrata, aveva bisogno dell’altro. Altrimenti da chi puoi dichiararti, con vanto, di essere indipendente? Ogni sua storia era già pianificata per essere sciolta dopo un tempo che ella riteneva giusto. Lamentarsi di passare le feste in attesa, le domeniche nel vuoto polveroso, eppure non ammettere che si, forse sarebbe stato bello diversamente. Anche con me ha espresso fin dall’inizio la formula: unable to stay, unwilling to leave. Però il distacco prima, e l’abbandono poi, sarebbero dovuti essere perfetti. Sarebbero dovuti essere il suo atto d’amore vero, nei miei confronti. Quella formula che dice: ti abbandono affinchè tu possa trovare di meglio, chi meriti te. Non è stato facile, potete capirlo, essere quel destinatario. Però non mi sono mai chiesto il perché. Già adesso potrei rispondermi con un perché diverso da quello prodotto al momento. E se tornaste a chiedermelo tra qualche settimana o qualche mese, beh potrei dire ancora altri perché. Anche interrogando qualche testimone presente ai fatti accaduti non otterreste una risposta univoca. I suoi comportamenti sono sempre risultati incomprensibili nell’alternare avvicinamento e allontanamento, fuga e ritorno. Ma Lydia era anche altro. Una bellezza asciutta, precisa, che non ammetteva il superfluo. La sua attenzione al dettaglio era nota sia nella vita privata, sia in quella professionale. Non aveva difficoltà nel rimarcarla, aveva un gusto unico per riconoscere il dettaglio che avrebbe valorizzato una curva, una piega, un colore del suo corpo. Era anche molto professionale, spendendo nel lavoro, più tempo che per ogni altra attività. Passioni infatti, ne aveva poche e poco sviluppate. Poca lettura, quasi assente il cinema, per non parlare di teatro, mostre e lecture. Qualche concerto si, ma limitatamente a ciò che ascoltava, che era guidato da una curiosità spesso abortita. Siamo stati, in questo, due mondi lontani. Io iperattivo, lei pigra. Ma l’ho stimata. Perché quando mi sono soffermato ad osservarla a distanza, mi è apparsa in tutta la sua lucente razionalità, più solida della mia (la mia si sarebbe sviluppata in pienezza tempo dopo). Il suo essere acciaio freddo, il suo essere analitica, mi affascinava. Ho stimato, prima di ogni altro sentimento, quella sua integrità. Così ho interpretato le sue parole per me. Taglienti come una lama che vuol recidere senza opportunità di ricrescita. Sono stato un incidente nella sua vita. Una deviazione di percorso non voluta ma accaduta. Un qualcosa di cui occuparsi, affinchè il mio apparente bene fosse il risultato di una sua azione. E una volta fuori dal suo schermo, un minuto di raccoglimento (per sé, compiacimento) e via, si gira l’angolo. Sia chiaro, nulla da eccepire su questo. Per Lydia, sono stato un incidente, sono stato solo una breve deviazione, un problema di cui occuparsi tra una visita alla Rinascente e un appuntamento dall’avvocato,  sono stato poco più di qualche goccia di sperma,  un orgasmo rubato.

Non ho parole dure per te, non ho rabbia, non ho dolore, non ho rancore. E se avessi modo di vederti, di incrociare il tuo sguardo, te ne renderesti conto. Ma lo hai evitato, mi hai evitato.



Commenti

3 commenti

  1. Lydia, mi fa venire in mente, quel nome che i poeti latini, Orazio compreso, utilizzavano per celare il vero nome della donna che amavano!
    Bella davvero !

    cecilia
    14 ottobre 2015 h 07:21
  2. Lydia era il nome della madre di mia madre.

    admin
    14 ottobre 2015 h 07:51
  3. Certo…ricordo perfettamente !

    cecilia
    15 ottobre 2015 h 17:05





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