Camera 256 – Le voci di dentro.

Blog  |  29 dicembre 2014

room 256 sedan_rid

 

Mi chiedo se questo finale sia davvero finzione o solo un crescendo di voci. Un anno attraversato da tante voci. Voci che non sentivo più da tempo. Voci che, come quelle dello spettacolo teatrale, sono il pubblico ministero e l’avvocato della difesa davanti al tribunale della coscienza. Voce roca, come quella serale, quando l’umido dell’aria accompagna il fumo di un cigarillo a ricordarmi una primavera del novantatrè. Voce di canto, quella che accompagna i miei viaggi. Voce di nostalgia per qualcuno che è stato non esistente. Voce di ricordi che non si sono mai avuti. Voce disperata di richiesta di aiuto, ma soffocata dall’assenza del destinatario. Voce di una lingua divenuta improvvisamente straniera nonostante la comune origine. Voce che confessa una verità. Voce di qualcun altro non del tutto appagante. Voce cattiva, come quella di corridoio. Voce che non promette e chiede promesse. Voce salata, come quella di un incontro al mare d’inverno. Voce muta, di quando è facile lasciarsi tutto alle spalle. Voce buia, che ripassa ancora una volta quell’ultima lettera. Voce distorta, di quando le parole pensate si perdono nei suoni. Voce impostata, di chi si vuole convincere che sia sua, la verità. Voce senza tono, per un addio senza voltarsi indietro. Voce metallica, che ti ricorda quello che non andrà mai via dalla mente. Voce che gronda piacere in camera da letto. Voce soffocata, che ti sveglia nel cuore della notte. Voce sottile, di quando la finzione si veste di credenza. Voce smarrita in una notte d’inverno passando per un vicolo cieco. Voce che annuncia un arrivo. Voce di solida mancanza. Voce che invoca un abbraccio, ancora lontano o che non si ha più. Voce che ti fa sentire tutto dentro. Voce muta di una telefonata del giorno dopo. Voce che rallenta nei confronti dell’esistente. Voce forte e decisa, che veste il nome che declama. Voce calma, che invita in cucina. Voce che interpreta quel silenzio frontale che spezza le gambe. Voce che chiama quegli occhi grandi che mi stanno di fronte. Voce chiusa in uno spazio troppo stretto per essere una camera. Voce che riflette sull’esistenza di qualcuno che non ci vuole. Voce che caratterizza quei giorni difficili. Voce che sussurra l’impotenza di fronte all’eternità di un no. Voce muta, che rilegge un messaggio. Voce che si apparta e nasconde quando non c’è nessuno a cui parlare. Voce inseguita per sessantacinque giorni. Voce che domina quei dialoghi da notte in pineta. Voce che sparisce davanti al desiderio, decisamente insopportabile, di te. Voce che scorre veloce quando è spinta dalla chiara motivazione di essere. Voce indistinta che annuncia una coincidenza saltata, un destino non incrociato. Voce che improvvisamente chiede il mio nome, ma non è la tua. Tutte queste voci e non c’è la tua. Voce, la tua, che si dissolve nella memoria. Una preziosa mancanza di chi non si ha più, o di chi non si è mai avuto davvero. Tutte queste sono le mie voci. Le voci di dentro.



Commenti

2 commenti

  1. e i congiuntivi?

    clara monti
    2 gennaio 2015 h 07:47
  2. Prego, segnalami pure direttamente i miei errori.

    admin
    2 gennaio 2015 h 13:46





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