Camera 116 – Questo è il modo in cui viaggiamo.

Blog  |  02 dicembre 2014

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Viaggiamo tutti sotto falso nome, cantava Sergio Caputo. Sembrava solo una frase di una canzone di successo, di quelle scritte per restarti in mente, da cantare anche se stonati nelle sere con gli amici e le birre. Invece in fondo è davvero così. La nostra vera identità la celiamo ai più, non la riveliamo mai fino in fondo. Perché se la rivelassimo saremmo noiosi, tutti. Perché la verità è noiosa, fredda, spietata.

Viaggiamo tutti convinti verso una meta unica, solo nostra, diversa dalle migliaia di persone che ogni giorno ci circondano. Speriamo di trovare un posto al riparo dal freddo, dal caldo, dal rumore, dal silenzio vuoto, dalla luce, dal buio, dal niente e dal tutto.

Viaggiamo tutti convinti di essere insieme mentre in realtà viaggiamo da soli. Ognuno con il suo bagaglio di immagini, parole, pensieri, desideri, speranze, dolori. Un bagaglio talvolta inutile, talvolta ingombrante, talvolta imballato male e sempre pesante. Viaggiamo soli apparentemente per scelta, ma la verità è che non eravamo buoni compagni di viaggio. E’ la cosa più difficile da comprendere e da accettare. E’ l’aspetto più delicato e importante di un viaggio. Tante volte vorremmo viaggiare in compagnia, per poter fare tre viaggi in uno, per poter percepire le tre verità. Qualcuno che, quando finiamo in una strada buia di un posto sconosciuto e ci sentiamo persi, venga a dire: io so cosa succede quaggiù. Spesso invece ci sentiamo chiedere dall’alto: ma come diavolo ci sei finito laggiù? Oppure, suggerimenti improbabili, offerte di inutili proposte o la peggiore delle risposte. Almeno. Almeno non sei ferito. Almeno non sei malato. La verità è che raramente una risposta può cambiare qualcosa, ma ci si deve provare. E vorremmo chi, mettendosi nei nostri panni, nei  panni di chi si è perso, riconosca che quel vicolo buio rappresenta il nostro punto di vista, che per un momento sospenda la voglia di giudicare, che riconosca le nostre emozioni, che le sappia raccontare a noi. Si, può esserci anche una naturale predisposizione a questa cosa che si chiama empatia, ma più spesso si ricorre all’alibi che non l’hanno insegnata, che non è stata ricevuta abbastanza da piccoli, per giustificarne tutta l’assenza. L’empatia è una scelta. È la scelta di esserci, è la scelta di comprendere le emozioni altrui e per farlo si deve entrare in contatto con le proprie emozioni. Perché in quel momento, quello in cui qualcuno condivide qualcosa di difficile, di duro, l’unica cosa da dire è: apprezzo che tu condivida con me questo, che tu me ne parli. Chè il legame è ciò che fa stare meglio. Siamo stati tutti mollati durante un viaggio e tutti abbiamo mollato qualcuno durante un viaggio. E quando molliamo siamo pronti ad elencare cinquanta milioni di sfumature di ragioni, ma quando siamo mollati, beh, allora ne vediamo solo due: bianco o nero. Ci hanno lasciato dietro? Non importa la ragione, l’unica ragione è che non eravamo abbastanza. Siamo tutti uguali per questo, poche storie. Anche tu che credi di essere differente. Una volta soli bisognerebbe concentrarsi solo sul resto del viaggio anziché continuare ad immaginare come sarebbe stato il resto. Che il resto non c’è. E invece succede anche di elogiare, stimare, apprezzare chi ha abbandonato il percorso, magari facendo nostre le sue presunte ragioni ineluttabili. Arriviamo finanche a dire di ammirare una persona così, che in fede delle sue motivazioni, ci lascia a metà. E così che quel viaggio interrotto diventa anche il più bel viaggio della vita. Un viaggio incompiuto e quindi, riempito di vuota immaginazione, di certamente sarebbe andata benissimo, di sarebbe stato fantastico. Talvolta poi, andando avanti nel viaggio, raggiungiamo una nuova meta, e lì la tentazione forte è quella di girarsi a cercare chi ci ha lasciato tanto per dire hey tu vedi dove sono arrivato? Non importa, non serve. Chi ti ha lasciato non ha nessun interesse a sapere dove sei ora. Siamo tutti la tappa precedente di qualcuno e la tappa successiva di qualcun altro. Siamo l’hey tu di chiunque.

Questo è il modo in cui viaggiamo. Una contraddizione continua perché siamo contraddizione. Ci isoliamo quando vorremmo attenzione. Chiediamo verità ma non vogliamo sapere tutto altrimenti perdiamo il gusto della scoperta. Vogliamo presenza ma solo quando non ci piace l’assenza. Viaggiamo convinti di voler raggiungere una meta ma in realtà ci interessa sapere solo cosa c’è dopo. E dopo ancora. Illusi di viaggiare verso una meta esclusivamente nostra.Ma alla fine, abbiamo tutti la stessa meta. La morte e qualche istante prima, la solitudine. Questo è il modo in cui viaggiamo.



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