Camera 1104 – Dove io mi sono perduto.

Blog  |  16 giugno 2014

room 1104 dubai_rid

Buongiorno Francesco,

ti scrivo questo biglietto, per dirti che dietro quelle parole c’ero io.

Ci sono sempre stata io.

Tu lo metti in dubbio, io ti rispondo che credo di essere uscita fuori di senno, e ho lanciato al mondo il malessere che provo senza le tue parole. 

Tutto ciò perché sia tutto chiaro fino alla fine, perché tu non debba avere dubbi sulle mie parole, su ciò che provo e ho provato. 

Mi fa star male ascoltarti e non poterti rispondere, guardare il tuo volto,  il tuo sguardo.

Non penso ad altro, a tutte le parole che ti avrei detto, che ti direi ancora.

Non dubitare sono stata sempre io – per te.

La mente ci fa compiere percorsi incredibili, inaspettati.

E io restia, mi ritrovo d’improvviso a pensare e desiderare una persona che non conosco se non per poco.  

E a urlarlo al mondo (perché era l’unico modo possibile, in quel momento) affinche le mie parole ti arrivassero subito, come un urgenza. 

Appena ho la possibilità di fermarmi sparirò. Non sarà piacevole, ma sarà facile.

Tornerò a vivere in apnea. 

Ti porterò sempre nell’anima.

 

C’è una sensazione strana quando sei da solo in un paese straniero, senza conoscenti, senza riferimenti, senza sapere dove andrai, senza sapere cosa mangerai, senza sapere chi incontrerai. Dove sono? Nulla che riesca a identificare, nulla che mi aiuti a riconoscermi, del mondo che conosco. C’è un tempo rallentato qui nel buio di questa 1104. Sento solo due rumori: l’ascensore che si ferma al piano e la mia mente che cerca di mettere ordine. La mente che ripete le stesse parole, di quella volta. La stanza ha una parete di vetro sul mare, ma l’aria è chiusa. Non posso scappare. I piedi si muoverebbero pure, ma la mente è bloccata. Voglio una presa, ma non c’è nulla su cui appoggiarsi. I fatti Francesco, i fatti. Incontri che nascono da un quasi e da un condizionale. Si potrebbe quasi bere qualcosa insieme. Basta uno sguardo. Il primo. Quello con il sorriso. Non un sorriso qualsiasi, quel sorriso. Quello che si esprime con la bocca leggermente aperta, le labbra distese. Ma che nasce da dentro, coinvolge tutto il corpo. E la mente intera di chi si trova davanti. E’ chimica? E’ intesa? E’ amore? O semplicemente, non importa cosa è, ma è quella cosa che ti prende e non ne puoi più fare a meno? I sorrisi segnano la nostra crescita, aiutano ad amplificare la scelta di una direzione. Poi, qualcosa è cambiato. Un tempo si parlava, per poi riuscire a fare l’amore. Oggi facciamo l’amore per poter comunicare. Molto più spesso, non comunichiamo, non facciamo l’amore. Una spinta ormonale, ed è solo sesso. Mi perdo in questa bellezza che aroma di perfezione, ma non ha gusto. Grattacieli che sono prove di volontà vinte, ma senza risultati. Tu, dall’eloquenza forbita, dall’impressionante capacità espressiva ma incapace di esprimere una frase di sentimento compiuto. Conservo ancora le tue cose. Ti vedo riflessa in questi specchi che nascondono il vuoto. Ti sento in questi piani occupati da luci e fruscii di seta: tu che eri parola sei diventata eco. Ti ho voluta, erroneamente. Perché a volte lo facciamo con errore, altre per errore, più spesso è semplicemente un errore.. e basta. Ma. Ma io. Ho osato rischiare, perché era l’unico modo per sentirmi vivo. Perché ero avido della tua bellezza. E tu c’eri, seppur senza prenderne l’iniziativa, seppur senza testa, seppure senza cuore, seppur senza anima. C’eri, per inerzia. Dopo il prima, sopra il sotto, dolce l’acido, salato l’amaro. E’ stato solo sesso, tu dici. Il tuo corpo spalancato e la tua mente ermeticamente chiusa. Dove io mi sono perduto.

 

 



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