Camera 711 – Voluptas.

Blog  |  29 aprile 2014

 

711

 

Ci sono donne nella mia vita che sembrano parlarmi a tempo di musica. Arcano e misterioso è il loro rapporto con i miei pensieri, le mie forme. Alcune di esse sono autrici di storia, altre semplicemente contro la storia. Ci sono state, ci sono oggi e ci saranno domani. Sono il per sempre. Non così per sempre, ma per sempre così. Sfuggono ad ogni ordine, al senso di smarrimento, alla sintesi del tempo e dello spazio, all’irrazionale, alla trasformazione che non è inerta ma nervosa. Perciò le racconto qui,  come se le guardsassi attraverso un albero, in una specie di disordine. Posso chiamarle solo amiche?

Valeria, con la sua immagine tesa da seni aggettanti e bronzei, è probabilmente l’immagine più sbarazzina della multiforme moda. Lei è senza dubbio la voce che più ha contribuito a rivoluzionare il modo di abbigliarmi. E’ unica nel passare dall’arte dell’abbigliamento all’abbigliamento dell’arte.  La sua voce ha un tono unico che contribuisce a raccontare l’osmosi significativa e in parte imprevedibile tra arte elitaria e arte di grande divulgazione. Lei è una t.shirt bianca su cui spicca, inevitabile, la rosa rossa.

Lara è appassionata dall’assoluta felicità che trasmettono i colori. Con la mia discromatopsia sarei lontanissimo dal suo mondo, ma lei ha un tale equilibrio e un tale carattere che non possono non essere nati per caso. Essi si uniscono in un’arte antica: il dialogo. Con me.

Adriana. A lei sfugge ogni sensatezza come per una perpetua accensione amorosa che la comanda più forte di ogni ragione. Inutile chiederle ragione di una presenza o giustificazione di un’assenza. Per lei, il superfluo è mille volte più indispensabile del necessario. Lei è il vuoto improvviso, il pieno soffocante.

Lena, la cui abilità è nel trasformare la piena maturità in prova della mia fragilità umana.

Carla, che ritorna sempre. Lei è il fascino dell’oscuro, del buio profondo, del non so cosa stia capitando, la violenza del momento drammatico, del raro sguardo di desiderio tra un uomo e una donna.

Daniela mi accompagna nella sua dimensione onirica. Lei ha sempre un soffitto con un riquadro centrale staccato che sarebbe sembrato assurdo a chiunque. Invece non mi è sembrato irrazionale: quell’immagine ha sempre agito come inimitabile suggestione. Mai l’insensatezza è giunta così vicino alla poesia.

Gioia e il suo barboncino. Si sfrena, non per raccontare, ma per restituire una sensazione di piacere, arrampicandosi su sogni miracolosamente appesi in aria.

Petra è un bosco con virtuosi effetti di profondità: qui misteriose corse, repentine sparizioni. Poi, d’improvviso, la pausa, la nebbia, la riflessione, la liquidità. Lei è il connubio di perfezione e naturalezza.

E’ questo il mio modo di dirvi grazie. Il ciclo della nostra conoscenza più felice e intensa è ancora intatto.  “Trahetas sua quemquem voluptas”

(Ognuno è attratto dal proprio piacere).



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