Camera 302 – Senza parole 3.

Blog  |  17 aprile 2014

rid room 302 ostend

 Ostenda, 10 aprile 2014

Quindi sono arrivato alla fine di questo racconto. Sono arrivato all’inizio di questo anno capovolto. I pensieri tornano al loro disordine naturale. Una storia che finisce senza finire. Com’è per gli inquieti. Certo, è sempre la mia visione che investe di volta in volta il giorno o la notte. Vorrei arrivare a dimostrare che è possibile far convivere l’assente e il corpo. Ci vuole coraggio ad astenersi, ci vuole coraggio ad assecondare. Trovo che, in alcuni, la cosa che fa paura è di essere nessuno. L’ostacolo principale è pensare che sono fuori, che non sono in contatto con il presente. E nel presente, se aspetto, dopo un poco saprò cosa fare. Morire. Ma ci sono momenti o situazioni in cui nulla di nuovo accade, e allora devi attivarti, darti da fare, anche qui puoi sentire quando devi intervenire. E spesso intervieni portando dentro un’altra mancanza. Tu semplicemente metti una mancanza lì, anche se non sai perché, e da quel momento, il movimento può riprendere. Certo, delle volte mi viene un dubbio.. se quella mancanza è il movimento. Se essa è sufficiente.. come posso fidarmi che quella mancanza.. Me ne vado, e sarei persino arrabbiato e vado via. Ma porto con me l’energia. Se mi fermassi a cercare spiegazioni, se mi fermassi a dare spiegazioni, perderei quella forza. Tutto ciò che conduce verso una forza maggiore è buono. E tutto ciò che causa dispersione di energia è una perdita. Il presente non è solo forza, è insegnante. Insegnante di questa violenza così centrale, così contemporanea, di cui sono piene le giornate. E’ un elemento che si afferma, che le accomuna tutte; spesso, e capita che io me ne renda conto solo in un secondo tempo, emerge persino che io ne sia consapevole. Ho avuto un periodo in cui mi sono dedicato prevalentemente al quel momento, in cui io finivo e il resto cominciava. Un ciclo che oggi è superato. Ma restano tracce di quella violenza: lame di coltello controluce, un forte pugno chiuso, serrato, compresso. E fotografie sfocate. Tante. Come se ogni volta mi avvicinassi al bersaglio, senza mai metterlo davvero a fuoco. La sincerità non equivale a mostrare i lati peggiori di un sé, non è negazione della bellezza. Senza parole è il mio viaggio nel corpo di questa casa, nella sua unica camera che sa essere tante camere, nella sua femminilità androgina, nel fluttuare infinito tra le due finestre. E’ un itinerario che intimamente, appartiene non soltanto a me, ma anche a Carla. Un viaggio che racconta la mia verità soggettiva. Non mi interessa dimostrare né provare nulla. Un viaggio. Senza parole.

Senza parole – Fine.



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