Camera privata – Voglio dirti che io posso farlo.
Blog | 26 gennaio 2014
Giornate che nascono con la sensazione d’immobilità. Gesti e movimenti in una sequenza logica spaventosamente noiosa. Parole ripetute. Pause e attese. Un pranzo di lavoro. Il ritorno a casa, passando tra boschi e case che si inseguono. La routine delle mail. Dalla finestra chiusa arrivano più rumori della strada che luce dal cielo. Va bene così. Le uniche certezze che ho, mi appartengono o ti appartengono? Inutile porgere domande a chi non vuol rispondere. L’odore del caffè, la musica del silenzio, l’importanza di un nome. Una specie di affanno mentale. Ho riflessi lenti. Entro in macchina quando il crepuscolo ha lasciato la scena al buio. Il rosso del semaforo si riflette sulle ciocche di capelli che ti pendono sul viso. Coperta da tessuti colorati e tagli obliqui per sottolineare promesse e sorrisi.
Tanta luce qui tra Lappljung, Dvala e Kustruta. Dal viso svanisce la perplessità, rispondo con tono allegro. Ci vorrebbe della pioggia, per dire. Poi arriva una risposta senza nessuna domanda. Felici di guardarci in faccia. Parli con grazia, audacia, acutezza e spirito. In strada non soffriamo il freddo. Ma questo fa parte del senso d’isolamento che s’è creato. Avverto e mi piace l’odore della volubilità della tua pelle. Era il tuo odore che stavo cercando. Ti guardo. No, ti fisso. Ci stringiamo fra le braccia. Sento al tatto il tuo silenzio. Ho impressione che il silenzio mi dica cosa ti spaventa. Il mio silenzio dice che l’affronteremo insieme. Tutto diverso qui e ora rispetto ai pensieri di stamane. Il tempo speso a pensare a quella decisione presa qualche mese fa. Quella presa dopo aver realizzato il modo in cui avevo vissuto fino a un istante prima, il modo in cui avrei vissuto un istante dopo. Una decisione come altre che tutti prendono, che coinvolge tanti e riguarda solo me. Parole pubbliche per una sensazione riservata. Non si può restare immobili. Il movimento e il cambiamento mantengono giovane e sveglia la mente. E tu sei un cambiamento, tu sei un movimento? Sei tu il viaggio e la meta? Sei copilota e passeggero? Partiremo senza bagaglio? La risposta è si. Guardo le pareti della stanza, un mondo virtuale di silenzi scritti sui muri. Ti chiamo, so che non mi puoi sentire. La notte è trascorsa aggirandomi tra queste domande che non ti porrò. Il primo tram passa e le luci cominciano a spegnersi. Non è più il momento di crescere per me e, in quanto a te, sono certo che te la caverai benissimo. Qualcuno si affaccia da una finestra difronte per vedere se il tempo cambia. L’aria è fresca e infonde tranquillità. Voglio dirti che io posso farlo.
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