Camera 316 – È tempo di andare.

Blog  |  17 dicembre 2013

 

A te… Ieri pomeriggio sei arrivata senza minima incertezza nel passo, una tenerezza tagliata. Ho avuto voglia di toccarti. Ho provato un piacere immenso a vederti così, bella, curata e con la convinzione del proprio cammino di vita. Senza la paura di vivere, con la sensibilità e il coraggio di interrogarsi. Mi sono seduto accuratamente distante, deciso a volerti cedere il posto d’angolo che subito hai dominato. Hai guardato me, tuo compagno temporaneo di viaggio con un sguardo di sorpresa, una risata tangibilmente sorpresa. Hai cercato complicità e l’hai trovata nelle mie domande. Seduta davanti a me. Sondavi il mio sguardo giocando ora con una collana, ora con un bracciale, mentre continuavi a parlare, esprimerti, esistere. Poi il diverso ha assunto altra definizione. I venti minuti non c’erano più. All’improvviso il tuo sguardo si è tramutato in un sorriso pieno di candore. Ogni tanto mi sfuggivi via, te ne andavi con il pensiero e con lo sguardo pur essendoci ancora, davanti a me. Ora è tutto buio intorno, un silenzio semplice avvolge tutto. Ma sento la tua voce. E’ tornata. E’ tornata anche questa notte, all’improvviso, come ieri notte, come oggi in viaggio. Se tu fossi qui non potresti sentirla comunque. Non è una voce che parla alle orecchie di chiunque. E’ la voce della tua voce. So che anche tu penseresti alla mia follia e che anche stavolta finirei di viaggiare da solo. Uno che si muove troppo e vive poco. Vorrei che tu restassi seduta, che avessi la forza di non fermarti davanti al visibile. Di andare oltre, in spazi non ritagliati. Ho una valigia ordinata, una camera ordinata e ho il seme del disordine da portare nella vita degli altri. Nella speranza che possa germogliare. Voglio vederti ancora. E andare ancora, in fondo a quella stanza dove barattare tutte le certezze. Preparati. E’ tempo di andare.