Camera 706 – La speranza.

Blog  |  25 ottobre 2013

706

Caro Francesco,

ti scrivo perché non avrei potuto dirti queste cose a voce. Non sono fuggita per non soffrire o far finta di non provare. Sei stato e sei una presenza costante in questo periodo di transizione tra futuro da divenire e un passato ricco di esperienze. Ti voglio dire che sei un ottimo compagno di viaggio, con i passi lenti e giusti. Ti fermi a guardare tutto ciò che ti circonda, attento ai piccoli e ai grandi gesti. Sai che questi miei giorni sono incerti, non vivo bene, troppe le cose che mi preoccupano, che mi tolgono la quiete per farmi sentire la vita. Sei sempre stato con me nelle ore perdute e nella luce della gioia di esserci. Ti leggo sempre con emozione. Avidamente aspetto che tu apra la porta di una camera per lasciarmi entrare tra le tue parole. Ci ritrovo quei momenti necessari per non dimenticare, e di questo ti ringrazio affettuosamente. Ma ti scrivo anche per dire non posso fare parte della tua vita come vorresti. So che ti lascio attonito, stordito e rispetto il tuo modo di vivere, il tuo essere. Ho una grande richiesta affettiva, più grande di quella che tu riesca, probabilmente, a dare. Ho bisogno di dare e ricevere, partecipare ed essere partecipata, coinvolgermi ed essere coinvolta. E tu in realtà sei meno accessibile di quanto sembri. So che verbalmente tutto questo può ferirti, ma la durezza di queste parole è apparente. Apprezza la necessità fondamentale e intransigente della verità. Siamo distanti ora, forse allontanati dai dubbi delle nostre rispettive intelligenze. O forse sono in contrasto profondo con te, per le tue riserve interiori, per la tua dominante nevrotica, per il tuo non agire, per la tua indecisione, per la tua noiosa originalità, per il tuo respingere il perbenismo, per la tua inutile componente sensoriale, per il tuo escludere chi ti sta intorno. Spero che mi ricorderai per molto tempo. Brevemente tua,

La speranza.



Commenti

2 commenti

  1. Manuela
    26 ottobre 2013 h 10:31
  2. non puoi abbandonarla. Anche l’inaccessibile ha bisogno di colore…
    Pat

    Titti
    27 ottobre 2013 h 08:23





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