Camera 16 – Le mie parole abbandonate.

Blog  |  19 luglio 2013

16

Non apro quasi mai i cassetti nelle camere. Non ho nulla da riporre per quelle poche ore in cui mi fermo in camera. Stavolta cercavo un foglio di carta per segnare un indirizzo. Trovo un taccuino dimenticato da qualcuno in questo cassetto della scrivania. Parole in inglese il cui significato può essere importante o irrilevante. Mi incuriosisce, lo digito su google, risalgo al significato. Mi fermo senza alcuna espressione a fissare lo schermo. Quanti volti avrò incrociato nella mia vita? Migliaia, milioni forse. Eppure di tutti questi, pochi sono quelli che restano impressi nella memoria. E penso ai tratti esterni. Ma ancor meno facile è riuscire a vedere l’altro volto, quello interno. Quello che nascondiamo spesso, anche a noi stessi. E raramente lo mostriamo, ancor più raramente qualcuno lo scopre. Come se fossimo in due, uno conosciuto e uno straniero. Il volto nascosto può essere bello o brutto, forte o debole, blu o bianco. Quel volto che se mostrato diventa indelebile nella memoria. Quel volto che nascondiamo con accurata perizia per giorni, mesi, anni. E poi improvvisamente, con leggerezza infantile, compiamo un gesto, un movimento appena accennato che però lascia svelare quel volto, o almeno una parte. Un oggetto dimenticato che riesce però a mostrare noi stessi come niente aveva fatto prima. Quelle parole lasciate lì tra gli avvisi della direzione e le istruzioni per il room service hanno ora una nuova vita e, forse, un nuovo significato. Non sono più esposte agli occhi di una persona, sono diventate le parole riservate di tante altre. Forse chi le ha scritte si starà chiedendo dov’è finito quel taccuino. Forse si starà preoccupando che possa finire nelle mani sbagliate, si starà chiedendo dove le abbia lasciate, come sia stato possibile. Ci sono segni evidenti di cura e riservatezza, elementi senza dubbio di un oggetto dal valore prezioso. Mancano purtroppo indizi che mi permettano di restituirlo. Mi chiedo se lasciarlo alla reception, alla voce oggetti smarriti, tra un anonimo caricabatterie e un minuscolo ombrello da borsa. E se invece non fosse smarrito? E se fosse stato lasciato volontariamente affinchè qualcun altro potesse leggerlo e magari anche a sua volta divulgarlo? E se fosse una traccia per qualcuno? Quante domande, quanti segreti. Come quelli che ci imponiamo di non condividere, quelli oscuri e profondi che ci piace provare da vicino e osservare da lontano. Quelli che sono i pensieri dell’altro volto. Provo a leggere qualche riga, ammetto che non riesco a capire tutto. C’è un problema di grafia e uno di lingua certo. Ma c’è un senso di incompletezza, di qualcosa di non finito, di incomprensibile e incoerente, fino al punto da sembrare un codice cifrato. Risolti gli enigmi mi troverò in un preciso luogo ad una tale ora per incontrare l’autore? O l’anima gemella pronta ad partire per un vissero felici e contenti? Troppo da film, si certo. Torno a pensare a come si possa sentire nuda o scoperta la persona che lo ha scritto. O forse starà bevendo in un bar, brindando al sollievo per aver lasciato alle spalle un passato di parole incomprese e inascoltate, incomprensibili ma dichiarate. Comunque sia, da qualche parte c’è una nuova persona, perché quando lasciamo alle nostre spalle il passato, volontariamente o incidentalmente, diventiamo nuove persone.  Mi chiedo quando io ho mostrato l’altro volto a chi mi era vicino. Mi rispondo. Ma ricordo anche di quando sono uscito una sera a cena, con una donna dall’esclusivo fascino della mente più vasta e più particolare in un solo momento, sono ritornato con una donna che non riuscivo a riconoscere. Una donna improvvisamente diventata rifiuto di risposta, ed allora ho visto il segreto apparire sul suo volto, e io fuori. Continuo a leggere qualche pagina del taccuino. A questi pensieri lasciati non ancora finiti e come ora non lo saranno mai più. Ho pensato alle mie bozze nella casella di posta, contemplando quanto forte sia l’attrazione per questo scrivere continuo, come a permettere alle parole di nascondere o di mostrare il volto straniero. Penso al fatto che tutto deve essere mantenuto, deve essere legato a questo insieme che è vita. Penso alle parole scritte e mi chiedo se sono domande curiose in cerca di risposte argute o risposte precise per domande di attenzioni. Parole cercate con cura, parole messe in ordine o buttate lì per caso, parole astratte e parole mai scritte. Le risposte sono tutte lì, allineate come mattoni per questo muro di parole erto a difesa di quell’altro volto. Come in attesa di qualcuno che  faccia la domanda giusta, affinché il muro crolli? Torno a quelle parole perdute. A chi forse attraverso quelle vuole essere trovato.  Poi ho iniziato a pensare a tutte le parole che ho scritto fino ad ora. Le mie parole abbandonate.



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