Questa è, casa mia.

Blog  |  21 aprile 2013

Prego, entra, siediti pure dove vuoi. Non è grande la casa, lo vedi da te. Pensa che prima.. Si, sono prolisso lo so. Già. Ma no, è che lo sai come vivevo. Una camera, una valigia. Adesso due camere e nessuna valigia. E’ qui la differenza. Ma tutto è cambiato. Due camere: una cucina e una camera da letto. Due finestre: una rivolta al retro, una rivolta al fronte. Quale sia il fronte e quale sia il retro, non è definito. Tutto è cambiamento continuo. Una camera riservata e una camera pubblica. Qual è la pubblica e qual è la riservata?  Non è definito. All change! La cucina, può essere pubblica a mezzodì, quando la finestra si apre ad un taglio di luce che lascia entrare vite di passaggio. Può essere confindenziale la sera, quando ride e si diverte. Può essere intima al mattino, quando cammini con gli occhi ancora pieni di desiderio e la bocca con il retrogusto di bollicine sprecate. La camera da letto può essere pubblica al mattino quando si è di fretta. Può essere  confidenziale la sera, con all’interno i rumori di coloro che si affaticano, vicino a coloro che vogliono dormire. Può essere intima di notte, quando sento chi ama bussare alla porta e sento che a rispondere non c’è nessuno. E’ una casa che non si lascia trasportare dalle emozioni, ma le emozioni sono i contenuti di questa casa. Se apri qualche cassetto, se sposti qualche maglia, è possibile che ne trovi. Di emozioni, voglio dire. Perché io non lo so mica dove sono le emozioni. Se ne stanno per conto loro e ogni tanto spuntano fuori. Non le posso controllare, le emozioni. E nemmeno lo voglio. Che poi quando le controlli, le emozioni, la vita diventa come il pranzo di Natale con tutti i parenti. Questa è una casa che quando torno stanco e non voglio fare nulla, io sto con gli occhi aperti fino a vedere un tram che passa nell’alba ancora cruda. E odo intanto le prime voci di chi raccoglie vetri rotti e amori infranti. E’ una casa di pantaloni consumati e camicie bianche che parlano di cambiamenti. Come quando mi affaccio con il sole negli occhi cercando di vedere in giro. Poi c’è troppa luce e allora chiudo gli occhi e cerco di capire. E sono cambiato sai? Cioè forse tu non te ne accorgi, ma io lo so. Io lo so perché sono cambiato e perché cambio ancora. Qualcuno pensa che sono cambiato per una ragione precisa. Ma ne vede sempre solo una. Come se dovesse dare colpa o ragione a quella cosa. Non è così. Io posso pure spiegarlo, ma se uno non vuole sentire? Questa è una casa dove posso stare quando mi sento stanco di parlare e ogni volta di provare a spiegare quello che ho dentro e poi star male e poi giocare. E poi mi accorgo che è qui la notte che si deve vivere. Una casa dove sulle pareti ci stanno i segni che non sono una persona perfetta. Ci stanno i quadri con le molte cose che non ho fatto. Ma io continuo a provare: il cambiamento lo uso come apprendimento. Provo, muovendomi da una finestra all’altra. Non è facile, lo so. La casa è aperta a tutti, accoglie qualcuno, ma decido io chi resta. Resta chi vuole capire. Capire che resta perché vale e non vale perché resta. Di chi non si ferma alla prima lettura. Non è facile, lo so. Ma è semplice. C’è una sola serratura per aprire. Ci prova chi si sente abile. Qualcuno quando ha creduto di esserci riuscito, senza avere il tempo di pensare, nella fretta di giudicare, fa scattare un’altra serratura ancora più complicata. Forse è una mano ingenua, da entusiasta principiante, quella che potrebbe aprire. Ma se tentenna, se è insicura, una volta aperta, potrebbe non trovarci nulla. Per proteggermi avrò già svuotato le camere, mentre lei non se n’era accorta. La chiave è la ragione. La ragione per tutto quello che faccio. La ragione del cambiamento, la ragione per provarci sempre, la ragione per la determinazione, la ragione per la volontà, la ragione per ricominciare. La ragione di chi mi ha legato le mani e non mi fa muovere. La ragione che, anche se ti fa male, credi ancora. La ragione è il senso. Il senso della notte di chi pensa sempre, mentre il tempo passa. Il senso della notte sospesa. Il senso che ti porta ad ascoltare coloro che non sanno. Un senso che non trovo eh, per essere chiaro. E non è il senso della vittoria, il senso della sconfitta, il senso del dovere, il senso di colpa.. Non è nemmeno il senso della vita, come dicono in televisione. Ah, neanche il senso di poi. Che con il poi ho già dei conti aperti. Ma va bene così, la ricerca del senso mi rende inquieto e vivo. E’ una casa e ci sono due camere di voci e di pensieri. Camere dove non devo fingere di essere normale. Camere dove la cosa importante è soltanto non ostacolarmi l’esistenza. Per essere travolto e travolgibile. Due camere che non sono separabili. Se ti stanno antipatiche, ti stanno antipatiche tutt’e due. No una si e l’altra no. C’è una camera con una finestra sull’idea di mare, di onde che ti accompagnano piano nella vastità. E c’è una camera con una finestra con orizzonte che termina sul nulla o magari può semplicemente terminare nel sorriso di un bambino. Questa è, casa mia.



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