Novanta giorni. Ciao, come stai?

Blog  |  30 marzo 2013

Così mi sono sentito dire che sono arido, come la mia pelle. E ho pensato che questo 2013, dopo novanta giorni è già una scacchiera con i suoi bianchi e neri, pieni e vuoti. E pensavo a tutto quello che mi hanno detto, finora. Mi hanno detto che sono pessimo. Che è difficile volermi bene. Che per te la mia pelle è importante. Che sono ambiguo. Che sorrido poco. Che mi stanno bene i colori chiari. Che devo prendere una decisione. Che qualcosa è cambiato. Che sono in prova. Che devo cercare il mio equilibrio da solo.  Che ho deluso. Che sono sbagliato. Che sono alla fine. Che provo la gioia di stare insieme, un istante dopo quella di stare da solo. E in novanta giorni ho provato già successi e fallimenti, distruzioni e costruzioni. Ho sbattuto contro il muro del fallimento del traguardo lavorativo più importante di tutti i ventiquattro anni di lavoro. Ho poi firmato un accordo con il mio cliente più importante che segno sotto la voce successo. Ho dormito poco quando ne avevo bisogno. Ho dormito male quando avrei voltuo dormire. Ho comprato regali che non ho consegnato. Ho letto libri che mi hanno catturato. Ho visto il mondo dal centoventiquattresimo piano del grattacielo più grande del mondo e non ho provato le stesse vertigini di quando la stessa sera ricevetti un saluto. Sono stato a pranzo con uno sceicco. Sono stato a digiuno. Ho perso una taglia. Ho venduto la casa dei miei genitori dove avevo vissuto l’adolescenza. Ho buttato via la mia intera collezione di riviste che leggevo con avida mente da quando avevo quindici anni. Ho percorso kilometri di corsa per vedere la luce di un crepuscolo. Ho atteso al freddo. Ho sognato sotto la pioggia. Ho chiuso lasciato la camera d’hotel dove ho passato più tempo negli ultimi anni. Ho dovuto cercare una casa in soli ventisei giorni. Ho perso una voce amica che se n’è andata prima che potessi dirle scusa. Ho trovato chi mi ha dato, forse senza saperlo, suggerimenti importanti. Ho trovato il tempo per parlare con i miei figli. Ho giocato al bowling con il più piccolo. Ho avuto la forza di riscrivere tutto quello che avevo cancellato. Ho avuto cene in camera più lussureggianti di un ricevimento regale. Ho avuto una felpa in regalo che mi ha zittito. Ho avuto silenzi che hanno fatto male. Ho avuto un passato da chiudere. Ho ascoltato chi mi ha fatto capire come fosse sbagliato portarsi dietro il peso dell’adolescenza non avuta. Ho avuto la voglia di andare via lontano. Ho avuto colpi alle ginocchia da buttarmi a terra con improvvisa violenza. Ho fallito in quello che avevo creduto fosse importante in questi anni. E molte altre emozioni ancora, negative e positive che qui non riesco a elencare tutte. Eppure. Eppure ho forza per ricominciare. Per andare. Per guardare avanti. Eppure basta poco perchè mi emozioni di gioia. Molto poco. Poche, semplici, e sincere parole, che però mi regalano grandi sorrisi. Basta che ascolti o legga: ‘ciao, come stai?’.



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