Camera 1022 – Errori compresi.

Blog  |  13 marzo 2013

Sembra sempre uguale. Arrivo davanti alla porta, la apro, a volte con una chiave metallica, a volte con una scheda magnetica. Si apre la porta, la chiave deve entrare nell’alloggio per dare energia elettrica. E’ un po’ come dare vita ad una cosa morta. Una cosa che sta lì, ad aspettare il tuo arrivo, il tuo soffio di vita. Fino a un istante prima era spenta. Poi, la vita. Io porto la vita, pensa un po’. Ho la sensazione invece che la vita sia io a prenderla da questa camera. Ci sono i soliti oggetti, accanto ai miei errori fin qui accumulati. Una lampada che si accende subito quando dai energia elettrica alla camera, ma che poi non saprai spegnere quando devi andare a dormire. Una televisione che ti dice: benvenuto, sei arrivato. Abbiamo viaggiato insieme senza saperlo. Un viaggio diverso. Una sedia accanto ad una specie di scrivania, già piena di avvisi, informazioni, manuali di inutili servizi. E poi un piccolo armadio che ha contenuto più abiti di un negozio di abbigliamento.  Ho viaggiato fin qui perchè mi hai chiamato e ho mollato tutto. Per evitare il tuo silenzio. L’armadio custodisce molti segreti. Perchè gli abiti dicono molto. E poi negli armadi trovi sempre qualcosa dimenticato, caduto dalle tasche dei pantaloni sottosopra, dalle borse poggiate in precario equilibrio. Entro, due passi e la valigia è sul letto.  Ho viaggiato per cercare un posto per ogni cosa che possedevo. Apro la porta del bagno con la solita luce tremante. Quasi avesse paura di farmi scoprire gli osceni atti consumati lì dentro. Le intimità più banali. Osservo come manchi sempre qualcosa. Se c’è uno spazzolino da denti con il dentifricio mancano i cotton fioc. Se c’è il colluttorio manca il rasoio. Se c’è la crema da corpo mancano i fazzoletti di carta. Talvolta c’è un biglietto che invita a chiamare la reception se ti manca qualcosa. Quello che mi manca la reception non può fornirmelo. Voglio controllare che il flusso d’acqua della doccia sia abbondante e caldo. Anche in un prestigioso hotel mi sono trovato al mattino senza acqua calda. Un viaggio che volge alla fine, forse. Un viaggio perché era il momento. Un viaggio per tornare a essere padre. Un viaggio fatto tante volte alla stessa ora. Un viaggio per rincorrere un’identità sconosciuta, la mia. E alla fine arrivo qui a scrivere. Scrivo per non voltarmi indietro. Scrivo per superare la linea di confine. Scrivo perchè mi ricordo di te. Scrivo per sentirti dire mi chiamo.. Scrivo per non dimenticare l’ultima volta che ti ho vista. Scrivo per fissare nella mente quello che so di te. Scrivo perché non ne so abbastanza. Perché mi chiamo Francesco e ho quasi 47 anni. E un giorno ero allegro. Scrivo perché te lo dirò la prima volta che ci rivedremo. Scrivo e viaggio. Immagini sia facile affezionarsi, sentirsi in sintonia affettiva e intellettiva con me. Chissà. Non ti so rispondere. Tutte queste cose sembrano uguali. Al solito posto. Ed è al solito posto che metto le mie cose. Errori compresi.



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