Camera 501 – Le distanze.

Blog  |  15 dicembre 2012

Ho la radicata idea, la solida convizione, la maturata consapevolezza, che sono nato per percorrere delle distanze. E che, semmai riuscissi a percorrerne una per intera, se punterebbe subito un’altra. Sono nato su un’isola, ma dopo cinque giorni già mi spostavo e coprivo la distanza che mi separava dalla terraferma. Quando avevo cinque anni iniziai a frequentare la scuola in un collegio privato, perchè i miei genitori volevano accorciare quella distanza culturale che sentivano di avere avuto nella loro infanzia. Con i miei genitori c’era anche una distanza anagrafica notevole che mi ha portato ad essere contemporaneo di chi era nato dieci anni prima. Al tempo delle scuole medie ci trasferimmo in periferia e così ogni giorno percorrevo con due treni e alcune ore di viaggio la distanza tra casa e scuola. Anni dopo, lo stesso treno mi portava alla facoltà di farmacia, e se la distanza geografica mi appariva più breve, quella economica era enorme rispetto ai miei compagni di studio. A ventuno anni cominciai a lavorare, venditore per il sud. Cominciai a viaggiare coprendo le distanze interminabili di stradine sconosciute finanche alle cartine. Il lavoro presso la filiale italiana di multinazionale francese con sede a Milano prevedeva riunioni mensili al quinto piano. La distanza geografica la percorrevo in un’ora di volo, ma quella politico economica era enorme quando presentavo i risultati. A trentacinque anni decisi che era il momento per percorrere in sola andata la distanza sud nord. Cominciai a percorrere una distanza emotiva, allontanandomi da tutto quello che mi apparteneva. Ho accettato sfide professionali nuove, tornando a studiare per colmare il gap formativo, che altro non è la distanza tra ciò che sapevo e ciò che mi serviva sapere. E ogni nuova partenza era anche un distacco da qualcosa o qualcuno. E per ogni distacco c’è qualcosa lasciato che non perdona. A trentotto anni ho percorso la distanza più breve in metri ma più lunga e buia. A quarantaquattro anni ho percorso all’indietro una distanza professionale che mi ha trasformato ancora una volta. Ho cominciato a percorrere distanze in direzione est ovest senza stancarmi mai. In questo anno ho percorso distanze lasciando ciò che ero, attraversando ciò che avrei voluto essere, arrivando ad aumentare la distanza tra il mio dentro e il mio fuori. Distanze di colori e di suoni. Ci sono settimane in cui ripeto la stessa distanza tutti i giorni fino a non distinguere più il percorso dal percorrere. Ci sono giorni in cui percorro lunghissime distanze per raggiungere uno spazio di venti metriquadrati e giorni. Giorni in cui restando nei venti metriquadrati percorro distanze infinite con la mente. Una delle cose più importanti è sapere creare con poco, e la mente mi aiuta a immaginare questi viaggi. Ci sono porte da aprire che rappresentano la distanza incolmabile con la serenità, perchè non ci sono chiavi che le aprano. Ci sono camere piccole che raccontano tutta la distanza immaginabile dal mondo esterno. Ci sono strade che si perdono a vista d’occhio ma che sono una piccola distanza tra due desideri. E mentre penso a tutto questo, davanti alla domanda di sempre, so di avere una sola risposta su cosa voglio fare. Percorrere questa distanza.



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