Camera 302 – L’uomo con la valigia.

Blog  |  27 dicembre 2012

E’ sera, l’uomo con la valigia entra in una camera e comincia a sistemare degli oggetti. C’è poco spazio, ma è tutto quello che gli occorre. Innanzitutto il silenzio. La camera non è un luogo qualunque, non è una casa che ti accoglie la sera. Le parole, i suoni, i rumori vanno misurati come i movimenti. Guarda un orizzonte che non esiste attraverso la finestra che non mostra immagini: questo lo protegge dai ricordi.
E’ raro essere ammessi in camera. Una persona che ne voleva entrare doveva dimostrare di saper stare al buio. In due, meglio capirsi d’intesa che con le parole. Quando si può aprire la finestra, meglio lasciar entrare il vento che che chiacchiere. Entrare in camera è  difficile, restarci un dono, non una contropartita. In camera serve pazienza. Chi vive in una camera lo riconosci subito, pure in mezzo agli altri. Dai movimenti misurati, adattati al poco spazio, al rispetto degli spigoli, alla capacità di restare in equilibrio, in piedi, a lungo.

Respira lentamente, ripensa alla giornata e alle cose che voleva realizzare. Guarda intorno, memorizza tutti i dettagli che danno forma e significato, soffermandosi sempre sullo stesso dettaglio: il blu intenso di una linea trasparente. Ricorda le ultime parole dette. Le ripete nella sala d’attesa che è la sua mente. Intorno c’è l’odore del buio. Sa che da qualche parte c’è una porta da aprire, luce da far entrare, suoni da ascoltare, un marciapiede su cui dire buongiorno. E’ sveglio da prima dell’alba, è stanco, ma conserva un sacco di propositi. I vestiti del giorno stanchi come lui sono stati abbandonati. Indossa una camicia bianca e un jeans blu, unici passeggeri ammessi al viaggio. Per un tono di austera eleganza che l’occasione richiede. Sa che da qualche parte c’è una porta da aprire, un corridoio da attraversare, un’uscita da raggiungere. Forse un poco labirintica, gli sembra di giungere a metà percorso e di sbagliare porta o corridoio e tornare indietro. Desidererebbe trovare la strada senza bisogno di parole, lui che con le parole ci viveva. Allora emette un suono per un respiro profondo, ripensa alle cose reali e irreali che conosce, alla luce del risveglio, al tatto di una mano, al profumo di due occhi, e esce.

 



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