Camer 316 – Questi fantasmi.

Blog  |  12 ottobre 2012

Mi era da tempo noto che quello che ho, quello che ho realizzato è in gran parte quel che merito, senza recriminazioni. Ma è anche risultato del mio merito. A volte fragile camuffato da forte, a volte con il coraggio e la forza di sbagliare, ma sempre volendo andare in fondo alle mie scelte. Arrivo la sera, apro la porta della camera ed è come se aprissi la porta della pianificazione del mio futuro, immaginando più di quanto ho avuto finora. Perché mi piace guardare sempre avanti. Poi ci sono momenti che ti capitano delle cose, piccole rispetto al tuo mondo, alla vita di quel momento, e da lì, tutto cambia. Tutto non è più come prima. Nei modelli di pensiero si chiamano tipping point. Ed è stato così, aprendo la porta di questa camera. Stavo aspettando questo momento? Forse senza nemmeno saperlo? Non importa. E’ arrivato. Forse era già passato accanto a me e non me ne ero accorto o, forse, avrò detto: “si ma…”. Senza dare un significato a quella pausa. Pensando che ci fosse sempre tempo. Pensando che mi fosse data sempre una possibilità di ricominciare la vita. Ma poi la vita ricomincia davvero e nemmeno me ne accorgo. E la promessa fatta anni prima è lì davanti a me, non rendendoti conto che non è qualcosa che scelgo di fare. La storia prosegue, con circostanze romanzesche o quotidiane, ma non cambia la profonda stima che devo a me stesso, mio unico compagno. L’occhio non scintilla più, è lucido. Mi resta da credere in quelle parole che serbano una rara identità. Sapendo e ricordando che anche questo momento non durerà per sempre, non può durare. Ma questo è adesso. In fondo, “per sempre”, è fatto di singoli momenti. Mi piace pensare, ho pensato tanto, penso tanto. Ho pensato agli altri, ho pensato come impiegato, ho pensato come viaggiatore. Ma forse non l’ho fatto come persona, non riferito a me stesso. Ho momenti di vertigine assoluta e immediatamente dopo buie profondità, pensieri quotidiani uguali e ingegnosi artifici, la consuetudine e l’irripetibilità, la ripetitività e il genio, tutto senza soluzioni di continuità. E questa pensosità, questa alternanza di alti e bassi, che mi offre il modo di pensare di vedere o non vedere affatto. Ma devo essere presente. Perché i pensieri sono espressione del mio tempo. Rare volte i pensieri sono sfuggenti, impalpabili, sono fantasmi. Questi fantasmi allora mi accompagnano verso la mia solitudine, sfumano nel buio, che è sempre un bell’effetto, nonostante tutto.



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