Camera 1210 – La numero 1.

Blog  |  10 ottobre 2010

Fateci caso: tutte queste storie cominciano in una camera. Anzi, senza la camera non esisterebbero storie. E di solito della camera lui parla poco. Appare un dettaglio, ma poca cosa. Invece noi camere siamo importanti. Oggi prendiamo noi la parola, prendiamo un poco di spazio. Noi chi? Noi, le camere. Anzi, ad essere precisi, chi sta scrivendo è la camera 1210. Che poi posso anche dirmi la numero 1. Già, perchè siamo solo in tre a poter dire di avere avuto la relazione più stabile, duratura con l’uomo con la valigia. Io sono stata la prima. Ci conoscemmo nel maggio del millenovecentonovanta. Ci lasciammo nel dicembre del millenovecentonovantatre. La prima volta che c’incontrammo io non ero proprio affascinante. Diciamo che ero in una fase di crescita della consapevolezza della mia bellezza completa. Lui si presentò subito sottolineando le tracce di blu. Aveva un’auto blu. Una giacca blu. Una valigia blu. Io avevo del blu tenue, ma anche un grigio e un bianco. Avevo notato subito una cosa di lui: il silenzio. Già, perchè io ero molto richiesta, e lui invece era l’unico che non aveva mai espresso una parola su di me, per me. Fui io a propormi, e ci piacemmo. Lui aveva rispetto per me, e io avevo piacere di offrirmi, anche nella mia acerbità. La prima notte la passammo a raccontarci. Fu una notte breve, come lo sono le notti passate ad ascoltare una bella voce ed una storia intensa. Il sole dalle mie parti arriva molto prima e non mi vergognai quando la luce mostrò il mio rossore. L’intensità di quella prima notte fu solo l’inizio. Per milletrecentocinque notti passate insieme. Ogni notte diversa dall’altra. Una storia così non la lasci andare anche se a nulla serve ricordare. L’anno più intenso fu il millenovecentonvantadue. L’anno della nevicata che bloccò la città. L’anno più triste il millenovecentonovantatre. Eravamo sul punto di dirci per sempre. Poi lui mutò in silenzio la voce. Furono ottantanove giorni di segni, sguardi, gesti ma nessuna parola. Forse sbagliai a non prendere sul serio quei silenzi. Forse guardavo altrove. E improvvisamente arrivò settembre. Un pomeriggio di luce calda, arrivò con la notizia: ancora poche notti insieme. Decidemmo di non guardare indietro, ma di concederci tutto il possibile nei giorni a venire. Gli offrii ogni angolo del mio corpo, ogni spazio per poter accoglierlo con calore, fino al diciotto dicembre millenovecentovantatre. Nacque con lui la mia generosità, il mio essere sicura, il mio saper essere discreta ma presente. Non sono uguale alle altre, tutte allineate. Io sono in un angolo, capace ora di scegliere da sola con chi accompagnarmi. E questo lo devo a lui, alle sue parole così pregevoli per me. Se ne andò esattamente nel modo in cui era arrivato. Con una giacca blu, la valigia blu, un’auto blu, un silenzio blu.



Commenti

Un commento

  1. molto molto bello :)

    Iskah
    10 ottobre 2010 h 12:51





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