Camera 22 – Il biglietto.

Blog  |  02 luglio 2010

(ascoltando Helen Grimaud – Rachmaninov – Etudes Tableau op. 33 n° 1-2)


Forse non avrebbe chiamato. Forse non avrebbe scritto più. Forse non avrei più saputo nulla. Che ne sapevo io? Invano cercavo di dominare pensieri e paure. Pure il portiere d’albergo si accorse di questo mio attendere distratto. Occhi che vagavano distratti, mani nervose sfogliavano inutili pagine. Nelle tre ore precedenti avevo parlato, scherzato anche. Smorzavo le luci, passeggiavo sulla terrazza, guardavo il nulla galleggiare sulle onde del mare. Erano lunghe quelle ore che pigramente vedevo avanzare stanche. Doveva arrivare, tutto qui il nostro accordo. Non sapevo cosa, o chi. Viaggiava verso di me? Era ferma da qualche parte? Dov’era in questo momento? Provavo e riprovavo calcolando, immaginando. Tutte le mie deduzioni matematiche sembravano rompersi per un piccolissimo granello di sabbia. Fumavo nervosamente, mordicchiavo la sigaretta. Si spegneva, la gettavo via, ne accendevo un’altra. Tutto intorno piano piano si spegneva. Mi parve di restare solo. Rientrai in camera. La luce fioca. La piccola camera era degna di quell’attesa? Avrei ricordato ogni angolo, ogni oggetto di quella camera perchè ad ognuno di essi era legata una mia sensazione nell’attesa. La speranza, l’angoscia, la fiducia, l’insonnia. Ero ormai certo che non sarebbe arrivata. Aspettavo per scrupolo, quasi per dovere. Poi, il suono di un campanello. Trovo la forza di aprire la porta. In una mano guantata di bianco, è appoggiato un biglietto. Non parlo. Ci guardiamo, due esseri di fronte, in silenzio. Mi mostra il biglietto. Lo prendo.
Tu hai potuto dimenticare, io ho potuto dimenticare.



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